Quando Alfredo Reichlin uso’ per la prima volta il concetto di ‘Partito della Nazione’ non avrebbe mai pensato che si sarebbe trasformato nello slogan del consociativismo di impronta neorenziana.
Non c’e’ dubbio che la leadership di Matteo piace a quella parte di sinistra che sente per la prima volta il gusto del partito che governa e prende decisioni. Come spesso accade, anche se non e’ del tutto vero, partono quei tormentoni convincenti dotati di quel rapporto causa effetto che riescono a penetrare nel convincimento di molti. Una sinistra che non ha saputo decidere e scegliere, bloccata dalle sabbie mobili delle divisioni interne, ora ha un Renzi spregiudicato che di fronte a un Paese stagnante e paludoso ha il coraggio di abbattere i muri e asfaltare tutto e tutti. Il pericolo sta nella poca intelligenza delle bombe che vengono sganciate per silurare le ‘incrostazioni’ del sistema Paese e nell’impiego dell’asfalto che a volte copre tutto sotterrando anche quei valori fondanti della storia del centrosinistra italiano.
Il Pd doveva essere quel partito di massa che univa e contaminava il pensiero della sinistra con quello del cattolicesimo democratico. Un incontro di pensieri e una costruzione di futuro. Un pensiero nuovo non somma dei due, non piu’ un compromesso ma un pensiero evoluto, frutto di una avanzata percezione dei mutamenti della societa’ globale e di una risposta futurista e concreta ai ‘nuovi problemi’ del nostro tempo. I valori restano sempre presenti sul campo, e il ‘nuovo pensiero’ avrebbe dovuto tradurli in azione con quel coraggio che si richiede quando il terreno e’ inesplorato e i problemi nuovi non possono essere affrontati con le ricette tradizionali.
E’ questa la rottamazione intelligente che serviva al centrosinistra. Mettere in soffitta i vecchi schemi e lanciare la sfida autorevole all’Europa e al governo globale dell’economia proprio dal cuore dell’Italia da cui la stessa Europa mosse i primi passi.
Renzi e’ stato bravo a conquistare il potere. Continua ad essere bravo a tenerlo ben saldo nelle sue mani ma il solo fatto di avere il Pd al governo non ci puo’ soddisfare se l’azione di governo poggia sul metodo del prendere o lasciare, su equilibrismi consociativi e riforme poco strutturali, poco sistemiche e molto elettorali.
La minoranza del pd non ha gioco facile. Tra uno strappo e un compromesso ha una responsabilita’ non da poco. Il confine tra la disciplina del partito e la liberta’ di portare avanti un pensiero che si ritiene un pensiero ‘di casa’ e’ molto labile.
Non e’ facile il momento, ma il partito della nazione non e’ il mio partito se con questa locuzione si vuole intendere un partito pigliatutto. Rendere normale la compresenza nello stesso spazio di persone con cui non puo’ esserci una condivisione di ideali ma solo di potere e’ un punto di non ritorno che rischia di aumentare le distanze e gli scontri.Questa idea di partito che in Sicilia e’ stata accolta con le fanfare rischia di eliminare il rappoto tra quell’anima del centrosinistra che si era riconosciuta nel progetto dell’ulivo e del pd e la sua classe dirigente.
Reichlin del parito della nazione ricavava la carica di repsonsabilita’ enorme che oggi ha il pd di fronte ad uno scenario politico preoccupante.
Il giardino del pd e’ affollato. La casa pero’ e’ stata svuotata dei suoi stessi residenti.